Con l’avvento del Superbonus, il settore edilizio ha vissuto una stagione di straordinaria intensità, caratterizzata da una corsa contro il tempo e da una mole imponente di adempimenti burocratici e tecnici. In questo contesto, però, questioni fondamentali di natura contrattuale sono spesso passate in secondo piano, generando situazioni controverse che oggi sfociano sempre più frequentemente in contenziosi giudiziari.
Tra questa spicca una domanda che coinvolge General Contractor, committenti e professionisti:
Chi è tenuto a pagare l’architetto?
Il contesto: General Contractor e responsabilità contrattuali
Il meccanismo dello sconto in fattura e della cessione del credito, cardine del Superbonus, ha mostrato tutti i sui limiti operativi.
Di conseguenza, numerosi attriti sono emersi tra le varie figure coinvolte nei progetti di ristrutturazione.
I General Contractor, spesso percepiti come interlocutori unici da parte dei committenti, hanno creato l’illusione di una gestione “chiavi in mano”, in cui il committente non avrebbe dovuto sostenere costi aggiuntivi.
Tuttavia, la realtà si è dimostrata più complessa e meno lineare, soprattutto riguardo al pagamento delle prestazioni professionali.
Il caso di Reggio Emilia
Un caso emblematico si è verificato a Reggio Emilia, dove un architetto ha richiesto il pagamento della propria parcella per un progetto di ristrutturazione realizzato a favore di un condominio.
Quest’ultimo ha tentato di sottrarsi all’obbligo di pagamento, sostenendo di non aver stipulato alcun contratto diretto con il professionista.
I rapporti erano stati, a loro dire, gestiti esclusivamente tramite il General Contractor.
Inoltre, il condominio ha evidenziato che l’unico atto firmato con l’architetto era una semplice procura per la presentazione della CLIAS, non idonea a configurare un obbligo di pagamento.
Dal canto suo, l’architetto ha dimostrato di aver ricevuto un incarico diretto durante un’assemblea condominiale nel 2021, illustrando il progetto e successivamente redigendo tutti i documenti necessari: planimetrie, prospetti, computo metrico e relazione energetica.
Solo in un secondo momento era stato coinvolto il general Contractor, per il quale era stato firmato un incarico limitato alla fase di studio di fattibilità.
Due incarichi distinti, dunque, di cui uno riferibile direttamente al condominio.
La decisione del Tribunale
Con la sentenza n.260 del 17 marzo 2025, il Tribunale di Reggio Emilia ha riconosciuto le ragioni dell’architetto.
È stato ribadito che un incarico professionale può essere provato anche in assenza di un contratto scritto, attraverso comportamenti concludenti quali la partecipazione alle assemblee e la predisposizione di elaborati tecnici.
Il giudice ha osservato che il lavoro svolto dall’architetto era chiaramente destinato all’interesse del condominio e che non poteva essere considerato un’iniziativa autonoma del professionista.
Ne è derivata una logica presunzione: il condominio, in quanto beneficiario dell’attività svolta, è tenuto a corrispondere il compenso dovuto.
Lezione per il futuro: chiarezza contrattuale e consapevolezza
Questo caso sottolinea l’importanza di definire in modo chiaro e formale i rapporti tra committenti, General Contractor e professionisti.
Per i tecnici incaricati, è fondamentale mettere per iscritto ogni accordo, al fine di tutelare il proprio diritto al compenso.
Per i committenti, invece, è essenziale non dare per scontato che il General Contractor assuma tutte le obbligazioni economiche: in mancanza di patti chiari, potrebbero emergere richieste di pagamento non previste.
Il Superbonus ha aperto grandi opportunità, ma ha anche esposto il settore a rischi e insidie legali.
Una gestione accorta e consapevole degli aspetti contrattuali si conferma, quindi, indispensabile per evitare future controversie.