Nel panorama dei bonus edilizi, non sono rari i casi in cui i cantieri si bloccano ancor prima di prendere vita. Tuttavia, non sempre la colpa è da attribuire unicamente alle imprese esecutrici. Anche chi affida i lavori può finire per pagare il prezzo dell’inerzia, come dimostra una recente sentenza del Tribunale di Savona, che offre spunti preziosi per evitare passi falsi.
La vicenda prende le mosse da un contratto stipulato tra un condominio e una ditta, finalizzato a migliorare l’efficienza energetica dell’edificio sfruttando gli incentivi del Superbonus.
Nonostante l’accordo, però, il cantiere non ha mai visto l’inizio dei lavori.
A quel punto, il condominio ha chiesto l’annullamento del contratto e il risarcimento dei danni subiti.
Per difendersi, l’impresa ha attribuito lo stallo al blocco della cessione dei crediti fiscali, introdotto dal decreto legge n.11/2023, poi convertito in legge.
La nuova normativa, infatti, ha tolto alle aziende la possibilità di ottenere liquidità immediata attraverso la vendita dei crediti d’imposta, paralizzando di fatto molte operazioni.
Peccato che, nel contratto firmato, non fosse prevista alcuna condizione che subordinasse l’inizio dei lavori all’esito positivo della cessione del credito.
In sostanza, l’impegno era categorico: i lavori dovevano essere eseguiti, senza se e senza ma.
Il Tribunale non ha accolto le giustificazioni della ditta.
Ha chiarito che i cambiamenti normativi ed economici, se non contemplati espressamente nel contratto, non bastano a sciogliere le obbligazioni assunte.
Nemmeno il tentativo di invocare la cosiddetta “presupposizione”, quell’accordo tacito, dato per implicito tra le parti, è andato a buon fine, soprattutto perché non era stato fatto valere nei tempi dovuti.
A peggiorare la posizione dell’impresa, è emerso che il ritardo nell’avvio del cantiere non era un effetto diretto della nuova legge.
Infatti, i lavori avrebbero dovuto iniziare già a settembre 2022, ben prima del cambiamento normativo intervenuto a febbraio 2023.
L’impresa aveva scelto di dedicarsi ad altri interventi, trascurando l’impegno assunto.
E il condominio?
Anche chi si affida all’impresa, non è uscito indenne dal giudizio.
Il Tribunale ha sottolineato che, di fronte all’inerzia della ditta, avrebbe dovuto intervenire con maggiore tempestività.
Invece, la prima diffida formale è arrivata solo nell’autunno del 2023, troppo tardi per correre ai ripari o cercare soluzioni alternative.
Il verdetto finale?
Il contratto è stato annullato, ma con un risarcimento ridotto: un terzo della responsabilità è stata attribuita al condominio, proprio a causa della passività dimostrata.
Questa storia insegna che, nel mondo dei bonus edilizi, l’attenzione ai dettagli contrattuali è fondamentale.
Se la riuscita di un intervento dipende da condizioni esterne come la cessione del credito, è essenziale che tutto venga messo nero su bianco.
E, soprattutto, quando il cantiere tarda a partire, è importante non restare fermi ad aspettare: agire tempestivamente può fare la differenza tra salvare un’opportunità e finire in una situazione senza via d’uscita.