Il tema della responsabilità professionale nel Superbonus torna sotto la lente dei giudici. Non ogni errore tecnico costituisce una colpa professionale, soprattutto se il contesto normativo è complesso e il professionista ha agito con diligenza.
Superbonus e responsabilità: il caso che ha acceso il dibattito
La vicenda nasce da un intervento di demolizione e ricostruzione che doveva beneficiare del Superbonus 110%.
Un architetto aveva dato parere favorevole ai propri clienti, convinti di poter accedere all’incentivo.
Sulla base di questa valutazione, i committenti avevano venduto la casa di proprietà e acceso un mutuo per acquistare un rudere da riqualificare.
Tutto sembrava procedere per il meglio, fino a quando il Comune, dopo un primo via libera, ha cambiato interpretazione:
a causa di un vincolo paesaggistico, l’intervento non poteva più essere considerato una ristrutturazione edilizia ma una nuova costruzione, e quindi escluso dal Superbonus.
La doccia fredda ha portato i committenti a fare causa al tecnico, accusandolo di negligenza e chiedendo il risarcimento dei danni subiti.
Una situazione che, per chi opera nel settore, suona purtroppo familiare: bastano un’interpretazione discordante o una circolare tardiva per trasformare un lavoro corretto in un potenziale contenzioso.
La posizione del Tribunale di Forlì
Il giudice, analizzando gli atti, ha ricostruito il percorso seguito dal professionista.
L’architetto aveva lavorato in tempi stretti, aveva chiesto chiarimenti agli uffici comunali e ottenuto inizialmente un riscontro positivo.
Solo in un secondo momento il Comune aveva modificato la propria posizione.
Il Tribunale ha richiamato l’articolo 2236 del Codice Civile, che stabilisce un principio cardine:
quando l’attività professionale richiede la soluzione di problemi tecnici di “speciale difficoltà”, la responsabilità sussiste solo in caso di dolo o colpa grave.
La sentenza sottolinea un concetto importante: la normativa edilizia è “frammentata e stratificata”, con una continua sovrapposizione di regole urbanistiche, fiscali e ambientali.
Il Superbonus, poi, aggiunge un ulteriore livello di complessità, con decreti, interpelli, circolari e modifiche che si susseguono a ritmo serrato.
In questo contesto, anche un professionista attento può incappare in un errore interpretativo senza che questo implichi automaticamente una responsabilità civile.
Il Tribunale ha quindi escluso la colpa del tecnico, riconoscendo che aveva agito con diligenza, buona fede e un approccio professionale e coerente con le informazioni disponibili in quel momento.
Di conseguenza, le richieste di risarcimento dei committenti sono state respinte, e le spese di causa compensate proprio per la complessità della materia.
Un precedente importante per i tecnici
La decisione di Forlì è un segnale forte per tutto il mondo professionale.
Nel campo del Superbonus e dei bonus edilizi in generale, la responsabilità non può essere valutata con il rigore di un risultato perfetto, ma va misurata in base alle condizioni operative reali.
In un sistema dove le norme cambiano in corsa, dove i Comuni e le Agenzie interpretano in modo diverso gli stessi articoli di legge e dove anche i Ministeri pubblicano chiarimenti contrastanti, pretendere infallibilità dai tecnici sarebbe semplicemente irragionevole.
Il principio ribadito dalla sentenza è di buon senso: l’errore non è colpa se nasce da un contesto normativo incerto e se il professionista ha gito con prudenza, verifiche e documentazione adeguata.
Questo non significa che ogni sbaglio sia giustificabile, ma che serve distinguere tra la negligenza e l’imprevedibilità.
Quindi, per i professionisti del settore, la lezione è chiara:
mai dare nulla per scontato, documentare ogni passaggio, richiedere pareri scritti agli enti coinvolti e mantenere sempre una tracciabilità delle scelte tecniche.
Per i committenti, invece, è un invito a comprendere che la complessità delle regole sul Superbonus non sempre dipende dal singolo tecnico, ma da un sistema normativo che spesso cambia direzione prima ancora che i cantieri partano.
In definitiva, questa sentenza riporta un po’ di equilibrio in un settore che negli ultimi anni ha visto troppi professionisti trasformati in capri espiatori di norme confuse e instabili.