Superbonus e successione: le regole nascondono più di una trappola. Capire chi può utilizzare i crediti fiscali dopo un decesso non è affatto scontato.
Superbonus e successione: il nodo dei crediti fiscali
Quando una persona muore lasciando in eredità anche crediti d’imposta legati al Superbonus, la situazione si complica.
Se il credito era stato acquistato e non maturato direttamente per lavori effettuati,
gli eredi non possono utilizzarlo,
neppure se avevano una delega per accedere al cassetto fiscale del defunto. Il motivo è tecnico ma pesante:
la delega consente solo di gestire dichiarazioni e adempimenti, ma non di entrare nella piattaforma dei crediti.
In pratica, quei bonus rimangono bloccati e finiscono per perdersi nel nulla.
Un vuoto normativo vero e proprio, che genera una disparità ingiustificata e, di fatto, priva di tutela chi ha investito denaro acquistando crediti legittimi.
La differenza tra detrazione e credito acquistato
La chiave del problema sta nella natura del beneficio.
Le detrazioni fiscali legate al Superbonus seguono l’immobile e passano all’erede che ne conserva la proprietà. È quanto stabilito dalla circolare 28/2022 dell’Agenzia delle Entrate.
I crediti acquistati, invece, sono legati non alla casa ma alla persona che li ha comprati. Quando questa viene a mancare, il credito resta “orfano”: non si trasferisce e non può essere compensato da nessuno.
Risultato? Due contribuenti che hanno sostenuto la stessa spesa si trovano con esiti completamente diversi solo per ragioni giuridiche.
Cosa cambia per le società
Il paradosso aumenta se si guarda al mondo delle imprese.
Nel caso di società fuse o incorporate, l’Agenzia delle Entrate riconosce la continuità dei diritti e degli obblighi, quindi anche i crediti Superbonus passano automaticamente alla nuova entità.
In altre parole, se un soggetto cambia forma, il credito sopravvive.
Se invece a morire è una persona fisica, il credito sparisce.
Oggi la norma lascia scoperti molti contribuenti, creando una frattura tra cittadini e aziende.
L’unica strada percorribile, al momento, è quella di presentare un interpello all’Agenzia delle Entrate, cercando di richiamare il principio già ammesso per le società.
Forse, con un pizzico di coerenza (e di buon senso), si potrà arrivare a una soluzione anche per i privati.
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