Una nuova ombra si allunga sulla gestione del Superbonus edilizio. Stavolta la questione ha raggiunto i tavoli della Corte dei Conti, grazie a un’iniziativa promossa da CANDE. Al centro dell’attenzione c’è un esposto formale che solleva dubbi profondi sull’effettiva trasparenza dei conti pubblici legati ai crediti d’imposta generati nel 2023.
Secondo quanto denunciato, i crediti maturati con il Superbonus sono rimasti bloccati in un limbo normativo:
esistono sulla carta, ma di fatto non sono né liquidabili né cedibili.
Una situazione paradossale che ha lasciato molte realtà economiche impossibilitate a valorizzare quanto spettava loro di diritto.
CANDE accusa il Governo di aver costruito, attraverso nuove regole contabili, una rappresentazione fittizia del bilancio statale, includendo come spese delle somme che non sono mai realmente uscite dalle casse pubbliche.
Il cuore della contestazione risiede nella classificazione di questi crediti come “pagabili” in base a criteri statistici europei.
Una scelta che, a detta dell’associazione, avrebbe distorto i saldi di finanza pubblica, alterando il quadro delle entrate e delle uscite senza un corrispettivo effettivo.
Gli effetti dei nuovi decreti
A rendere ancora più complicato il quadro sono intervenuti i decreti legge 11/2023 e 39/2024.
Con queste misure, sono stati chiusi i canali alternativi di utilizzo dei crediti, come lo sconto in fattura e la cessione dei crediti fiscali nei cosiddetti “cassetti digitali”, spesso svenduti a valori ridotti o del tutto inutilizzati.
Le accuse sollevate nell’esposto
Nel dettaglio, CANDE contesta:
- l’errata classificazione dei crediti come “pagabili” nonostante l’assenza di un impegno al rimborso diretto;
- la manipolazione apparente dei saldi di bilancio, con un impatto artificiale su deficit e margini di spesa;
- un utilizzo distorto della contabilità pubblica, che avrebbe permesso al Governo di contabilizzare spazi di spesa inesistenti;
- l’effetto svalutativo prodotto dalle aste forzate dei crediti, a scapito di imprese e cittadini;
- la mancanza di un sistema che consenta il risarcimento per i soggetti rimasti con crediti inutilizzabili;
- l’eventuale sussistenza di responsabilità contabili da parte dei soggetti coinvolti.
Il fronte europeo
Oltre alla denuncia interna, l’associazione ha segnalato il caso anche alla Commissione Europea, ipotizzando una violazione delle normative comunitarie in materia di contabilità e aiuti di Stato.
Secondo CANDE, l’adozione di una classificazione ibrida da parte di Eurostat non giustificherebbe la scelta italiana, in quanto i requisiti per la definizione di un credito “pagabile” – ovvero il rimborso effettivo in denaro – non sarebbero stati rispettati.
Un tema tecnico, ma anche politico e sociale
La questione sollevata non riguarda solo tecnicismi di bilancio.
Tocca anche la sfera della giustizia sociale.
Le difficoltà nel monetizzare i crediti hanno avuto ricadute pesanti sul tessuto economico, con imprese in stallo e cantieri fermi.
Secondo CANDE, si è di fronte a una gestione contabile scollegata dalla realtà, che ha prodotto solo effetti negativi per chi operava secondo le regole.
Come ha dichiarato il presidente dell’associazione, si tratta di “un castello di carta che ha lasciato indietro famiglie e aziende”.
Ora la parola passa agli organi di controllo, che dovranno verificare la correttezza dell’operato pubblico.
Nel frattempo, l’intero comparto dell’edilizia continua ad attendere risposte concrete e soluzioni operative che non si limitano a restare sulla carta.