Nel mondo delle agevolazioni edilizie, basta poco per passare da un’opportunità vantaggiosa a una vera e propria trappola. Tra normative complesse e procedure da seguire con precisione chirurgica, chi affronta lavori di ristrutturazione con il Superbonus si muove spesso su un terreno insidioso. A volte, una svista apparentemente marginale può mettere a rischio non solo il progetto, ma anche la serenità fiscale di chi lo porta avanti.
Uno degli scivoloni più comuni – e pericolosi – riguarda proprio il SAL, lo Stato Avanzamento Lavori.
Vediamo cosa è successo in un caso concreto e cosa si può fare per rimediare quando le cose si complicano.
Il dettaglio che fa la differenza
In un intervento edilizio legato al Super Sismabonus, un condominio ha proseguito regolarmente i lavori fino alla prima importante tappa: la richiesta dello sconto in fattura, basata su un SAL che attestava il 28% delle opere completate.
Tutto sembrava in ordine, almeno fino a un’analisi più attenta della normativa.
Infatti, per poter accedere allo sconto in fattura o alla cessione del credito, è indispensabile che il SAL raggiunga almeno il 30% del valore complessivo dell’intervento.
Quel 2% di differenza, quindi, non è solo una formalità: è una soglia che separa la regolarità dalla potenziale sanzione.
Quando il credito non esiste (e perché è un problema serio)
Nel linguaggio fiscale, esiste una distinzione fondamentale:
- credito non spettante: si ha diritto al credito, ma viene utilizzato in modo scorretto, ad esempio per un errore di compilazione;
- credito inesistente: il credito non avrebbe mai dovuto esistere, perché manca un requisito essenziale, come – in questo caso – un SAL non sufficiente.
Il concetto di credito inesistente è particolarmente delicato, perché comporta conseguenze molto più severe.
Non si tratta solo di restituire quanto indebitamente ottenuto: si rischiano sanzioni pesanti, che fino a poco tempo fa potevano arrivare al 200% dell’importo.
Dal 1° settembre 2024 il quadro sanzionatorio è stato rivisto, ma resta comunque severo, soprattutto in presenza di elementi come documentazione falsa o simulazioni artificiose.
Come rimediare (se si può)
Le possibilità di recupero dipendono da un fattore chiave:
Il credito è già stato utilizzato oppure no?
Credito già usato: la situazione è più complicata. Si può attendere un controllo dell’Agenzia delle Entrate (rischioso) oppure procedere con un ravvedimento operoso, sanando spontaneamente la posizione con una sanzione ridotta.
Credito non ancora utilizzato: in questo caso c’è ancora spazio per sistemare le cose. Serve rivedere la documentazione, correggere l’errore e rientrare nei parametri corretti. Fondamentale il supporto di professionisti esperti e aggiornati.
In entrambi gli scenari, potrebbe anche profilarsi un’azione nei confronti di chi ha sbagliato: un tecnico che ha certificato un SAL non conforme o un consulente fiscale che ha autorizzato la procedura senza le dovute verifiche.
Prima di ogni azione, però, è necessario esaminare a fondo i contratti e le responsabilità sottoscritte.
Una soglia che pesa
Questo caso mette in evidenza quanto sia importante non sottovalutare nessun passaggio nella gestione del Superbonus.
Anche un semplice 28% al posto del richiesto 30% può cambiare completamente lo scenario: da agevolazione a rischio fiscale, con conseguenze economiche e legali.
La lezione è chiara:
meglio affidarsi a figure competenti, verificare ogni passaggio, e, se necessario, intervenire subito per evitare che un dettaglio si trasformi in un problema ben più grande.